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LA REALTA’ AUMENTATA DI MOZART – Uno sguardo alla Cavatina “L’ho perduta… me meschina!” (da Le Nozze di Figaro)

In questi ultimi anni, ho dedicato buona parte dei miei studi al mondo lucente e misterioso delle arie operistiche.
In particolare, ad indagare quali segreti si conservino nelle pieghe fertili della poesia lirica, la poesia fecondata dalla musica e trasfigurata in canto.
Fra tutte le meraviglie che mi hanno commosso, divertito, atterrito o esaltato, vorrei fermarmi su un piccolo gioiello, incastonato negli splendenti diademi de Le Nozze di Figaro e, spesso, da questi offuscato.


Si tratta della “Cavatina” (così definita in partitura) “L’ho perduta… me meschina!”, inserita ad apertura del IV atto. Qui la piccola Barbarina si dispera per aver smarrito una spilla affidatale dal Conte d’Almaviva. Quella spilla doveva arrivare a Susanna per confermarle l’appuntamento notturno “sotto i pini del boschetto”.
“L’ho perduta…. me meschina!… / Ah, chi sa dove sarà? / Non la trovo… E mia cugina… / E il padron, cosa dirà?”
Leggendo questi pochi versi di Lorenzo Da Ponte immaginiamo una scenetta pressoché comica, compatendo, con sguardo bonario, l’ingenua distrazione di un’adolescente. E invece….
E invece Mozart prende in mano la situazione e ci trasporta in un clima carico di pathos, quasi drammatico, decisamente sovradimensionato, rispetto alla situazione.
Come sorge e si giustifica simile affascinante incongruenza?


Il Burgtheater di Vienna, dove si svolse la prima rappresentazione de Le Nozze di Figaro, in una miniatura smaltata, su cucchiaio d’argento della fine del ‘700.

Innanzitutto, colpisce la scelta del Fa minore come tonalità di impianto del brano, eccezionale sia nelle Nozze che in tutto il catalogo mozartiano. Una malinconica intimità rafforzata dalla discrezione dell’orchestra, ridotta ai soli archi, sommesso sostegno e dialogo con il canto di Barbarina.
L’andamento della “Cavatina” è quello di una filastrocca/ninna-nanna: un cullarsi per confortarsi (6/8), con una melodia semplicissima e celestiale che rimane nell’ambito di una sola ottava, proprio come accadrebbe in un canto consolatorio infantile. Tutti gli attacchi “in levare” parlano dell’ansia di Barbarina, del suo affliggersi  in una ricerca senza frutto; e così pure il fraseggio, quasi sempre breve e spezzato da pause.


Giovambattista e Giandomenico Tiepolo, Ritratto di giovane in abiti orientali, 1755 ca. – Vicenza, Villa Valmarana ai Nani

Delizioso ammiccamento è la scelta di terminare il brano sulla dominante (Do maggiore): la mancata “risoluzione”, è specchio del mancato ritrovamento della spilla. Inoltre, drammaturgicamente, questa interruzione armonicamente “sospesa”, corrisponde all’arrivo improvviso di Figaro e Marcellina (“Barbarina, cos’hai?”).

Infine, la posizione in apertura d’atto fornisce al brano un rilievo particolare: possiamo forse paragonarlo alla Cavatina della Contessa “Porgi, Amor, qualche ristoro”, all’inizio del secondo atto? Gli scoramenti della figlia del giardiniere Antonio hanno diritto a simile rilievo di quelli della Contessa? (Peraltro, anch’essa una semplice Rosina nobilitata).
C’è da considerare che, in quel miracoloso 1° maggio 1786, interprete di Barbarina fu la giovanissima Anna Gottlieb: una dodicenne dalla voce celestiale che, cinque anni dopo, in Die Zauberflöte, vestirà anche i panni della prima Pamina.


Christian Eisemann, Ritratto di Anna Gottlieb come Azemia (nell’opera Azemia oder die Wilden, musiche di Nicolas Dalayrac, 1795).

Questo ci rivela il carattere del personaggio, così come lo intendevano Mozart e Da Ponte: un contraltare femminile dell’adolescente Cherubino (nonché sua compagna di giochi erotici e aspirante sposa). In Barbarina si mescolano sfrontatezza e timore, astuzia e ingenuità. La sua irrequietezza, la sua aspirazione a mostrarsi ben più adulta, l’alternanza febbrile di stati emotivi opposti ne giustificano pienamente la sconsolata prostrazione in questo frangente.
Aver perduto un “pegno” così importante per il Conte (e per la macchinazione di Susanna, sua cugina), poteva veramente rivelarsi tragico, per una “bambina” di 12 anni. E la grazia di Mozart e Da Ponte ci conduce al cuore di questa tenera “tragedia infantile”.


Lorenzo Da Ponte, Libretto originale de Le Nozze di Figaro. Vienna, 1786.
Recitativo di Cherubino e Barbarina . Atto III, Scena VI.

Potremmo considerarlo anche un piccolo squarcio nel velo della psicologia mozartiana? Un moto di empatia con la “meschina” Barbarina, specchio teatrale della “meschina” adolescenza trascorsa da Wolfgang, combattuto fra età anagrafica e incombenze internazionali, fra eccentricità e aspettative sociali, fra doti visionarie e corti conservatrici? Potrebbe essere questa una delle chiavi per condividere tanta comprensione ed enfatizzazione del sentimento di Barbarina da parte di Mozart.

D’altronde, nel suo catalogo, troviamo altri simili momenti di sublime astratto incanto. Ad esempio, il trio di Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira “Protegga il giusto cielo” / “Vendichi il giusto cielo”, nel Don Giovanni (Atto I, scena XIX) o l’altro trio di Fiordiligi, Dorabella e Don Alfonso “Soave sia il vento” in Così fan tutte (Atto I, scena VI).
In queste folgorazioni di “realtà aumentata” alberga la profezia mozartiana: ogni sentimento, anche il più umile e quotidiano, costituisce una porta per accedere alla bellezza. Basta che si manifesti liberamente, nella perfezione della sua espressione lirica.

Un caro saluto amici, per ritrovarci al più presto.
Carlo Boschi
info@lemuse.or.jp


Da Ponte – W. A. Mozart, Così fan tutte – Atto I – “Soave sia il vento”.
Dorothea Röschmann (Fiordiligi) – Katharina Kammerloher (Dorabella) – Roman Trekel (Don Alfonso) – Staatsoper Berlin – Direttore, Daniel Barenboim

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