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ZerlinaやDespinaはフランス革命の気風と関係しますか?Boschi先生はどうお考えですか?

ZerlinaやDespinaを、当時フランス革命などにつながっていくある種の気風と繋げる話を、演出の方などからお聞きすることが多いのですが、Boschi先生はどうお考えですか?
(ex. Despina登場シーンのRecitativoや、Zerlinaの台詞が革命や階級批判を喚起させる、Finaleの一番最後でTuttiの前にZerlinaが歌を先導するなど)

Zerlina e Despina hanno ruoli diversi nei rispettivi melodrammi.
Più marginale Zerlina (un po’ divisa tra l’illusione con Don Giovanni e l’affetto per Masetto). Despina, senz’altro, più protagonista. E’ lei che, piano piano, convince le padroncine a tentare il tradimento. Addirittura, interviene, a “legalizzare” le nuove unioni, travestita da notaio.
In ambedue i casi, però, non vedo atteggiamenti o intenzioni “rivoluzionarie”, riferibili ai grandi moti della Rivoluzione francese.
Zerlina si illude e acconsente a diventare la “sposa” di Don Giovanni (“Là ci darem la mano”): la sua aspirazione è superare la propria condizione di contadina, attraverso un buon matrimonio. Quando questa possibilità svanisce, torna a vivere pienamente la propria condizione di buona fidanzata proletaria. E il suo odio successivo verso Don Giovanni non è un odio sociale, ma del tutto femminile.
Anche la sua frase finale (condivisa con Donna Elvira, Don Ottavio e Masetto) nasce da questo tipo di offesa, un’offesa personale, non politica o sociale.

Despina, effettivamente, nella scena 8 dell’atto I, canta un recitativo che sembra di protesta e di rivalsa. Ma è sempre in un ambito privato e personale, rivolto alle proprie padroncine, a cui vorrebbe uguagliarsi (Il cioccolatte è fatto, ed a me tocca / di restare ad odorarlo a secca bocca? / Non è forse la mia come la vostra, o garbate signore…?”).
E’ il suo brano di ingresso e di presentazione. Ricorda molto da vicino, come atteggiamento, quello di Leporello all’inizio del Don Giovanni. Anche lui vuole “fare il gentiluomo”.
E’ la figura del servo che aspira alle comodità, ai piaceri del padrone. Non vuole rivoluzione, ma sono cibo , divertimenti e gioie che nella sua vita mancano.
Lo stesso vale per Despina. Questa sua “protesta” appena entrata in scena, serve anche a giustificare lo scherzo che giocherà alle padroncine.
Come dice esplicitamente a Don Alfonso: “È l’oro il mio giulebbe”. (Atto I, scena 10). Lo “giulebbe” è una bevanda di frutta e zucchero, molto dolce, che simboleggia le delizie della vita.
Lo spirito rivoluzionario di quegli anni (seconda metà del Settecento e prima metà dell’Ottocento), appaiono meglio ne Le nozze di Figaro o in alcuni passaggi del Don Giovanni

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