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ELOGIO DEL FURTO LIRICO – Prestiti, ruberie, ispirazioni nel Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte

Cari amici del Blog,
chiacchierando alcuni giorni fa con un collega letterato, si argomentava pro (io) e contro (lui) il “furto” di libretto che Lorenzo Da Ponte mise a segno a danno (o a favore?…) di Giovanni Bertati.
Cos’era accaduto?
Nel febbraio del 1787, a Venezia, andò in scena il dramma giocoso Don Giovanni, o sia il Convitato di Pietra, un atto unico scritto da Giovanni Bertati e musicato da Giuseppe Gazzaniga.
Quando Lorenzo Da Ponte preparò per Mozart il libretto de Il dissoluto punito, o sia il Don Giovanni (Praga, ottobre 1787), aveva sicuramente sul tavolo una copia di quello di Bertati. E se ne servì beatamente per ricalcare la scansione delle scene iniziali del primo atto o per alcune espressioni tipiche del teatro comico (l’aria del Catalogo di Pasquariello/Leporello, ad esempio).
Ma ciò non produsse nessuno scandalo, all’epoca.  Nemmeno Bertati, che poi divenne persino poeta cesareo alla corte di Vienna, avanzò rimostranze per queste “sottrazioni” di Da Ponte


Prima edizione del libretto del Don Giovanni di Giuseppe Bertati (1787)

Perché?
Perché, innanzitutto, la figura di Don Giovanni nasce “infame”. E’ lui, per primo, profeta del rapimento, dell’appropriazione indebita, dell’inganno, della mistificazione. E, difatti, fin dalla nascita, il “nobile Dissoluto” conosce infinite rielaborazioni della medesima storia, riscritta copiata abbellita ingigantita o massacrata fino ai giorni nostri.
E poi, perché il melodramma, nel Settecento, era elemento fluido, instabile, disponibile a prestiti e cambiamenti, sottomesso ai capricci di cantanti, impresari o mecenati. Pensiamo solo a quante opere hanno utilizzato materiali altrui o precedenti degli stessi autori! Fino a costituire quel deformato genere del “pasticcio”, accozzaglia senza senso di arie, selezionate dai “virtuosi” in scena.


Frontespizio del Dom Juan di Molière, in una edizione del XVII secolo.

Lorenzo Da Ponte fu, lui stesso, una sorta di controfigura di Don Giovanni.
Definire avventurosa la sua vita sarebbe un eufemismo. Basta leggere le sue Memorie o qualche biografia a lui dedicata, per vedervi incarnato il travolgente libertino.
E, allora, perché moraleggiare sulle affinità fra i due libretti di Bertati e Da Ponte?
Ciò che viene copiato e radicalmente migliorato rimane un furto? O, piuttosto, diventa un beneficio collettivo?
Un motore, quattro ruote, una carrozzeria sono elementi propri della Fiat “Multipla”, quanto della Maserati “Ghibli”. Ma quale delle due eccita i nostri sogni automobilistici?
E il paragone potrebbe continuare all’infinito, in ogni campo dell’arte.
Quindi, tornando ai nostri Don Giovanni, vediamo perché valga la pena di benedire quel mascalzone di Da Ponte.


Henry Inman, Ritratto di Lorenzo Da Ponte (ca. 1830)

Notevoli sono le differenze strutturali e di stile fra i due libretti.
Innanzitutto, Da Ponte scrive due atti, in luogo di uno: ciò rende il suo lavoro una completa “azione per musica”, con sviluppi e sfumature inesistenti nel precedente di Bertati.
La delizia dei travestimenti (maschere e scambio di abiti) è presente solamente in Da Ponte e si rivela un elemento di potente tensione drammatica, nel vorticoso giuoco delle parti attorno alla figura di Don Giovanni. Fra queste, viene eliminata Ximena che, in Bertati, ha ruolo marginale, rispetto a Donna Elvira e della contadina Maturina.
Da Ponte, inoltre, elabora quella formidabile progressione drammatica del primo atto che va dal riconoscimento di Donn’Anna del proprio assalitore, fino alla pirotecnica chiusura, con il mefistofelico ricevimento in casa di Don Giovanni.
E poi, tutto lo svolgimento del secondo atto, fino alla scena del cimitero, è creazione originale di Da Ponte. Insomma, ci sono parecchi elementi nuovi.
Ma, anche su quelli “rubati”, Da Ponte lascia un’impronta di superiore classe.


Il dissoluto punito, o sia il Don Giovanni , Frontespizio del libretto originale di Da Ponte. Vienna, 1787

Per verificare la diversa qualità nelle rielaborazioni di Da Ponte, confrontiamo il celebre duetto “Là ci darem la mano”, con il corrispondente episodio del Don Giovanni di Bertati: l’aria di Maturina “Se pur degna voi mi fate” (Scena XIV).

Don Giovanni
Là ci darem la mano,
là mi dirai di sì.
Vedi, non è lontano,
fuggiam, ben mio, da qui.

Zerlina
(fra sé)
Vorrei e non vorrei…
Mi trema un poco il cor…
Felice, è ver, sarei;
Ma può burlarmi ancor.

Don Giovanni
Vieni mio bel diletto!

Zerlina
(fra sé)
Mi fa pietà Masetto.

Don Giovanni
Io cangerò tua sorte.

Zerlina
(fra sé)
Presto non son più forte.

Don Giovanni
Andiam, andiam!

Zerlina
Andiam!

Don Giovanni e Zerlina
Andiam, andiam, mio bene,
A ristorar le pene
D’un innocente amor!

Così, invece, nel libretto di Bertati:

Maturina
Se pur degna voi mi fate
Di goder d’un tanto onore,
Sarò vostra, o mio Signore,
E di core v’amerò.

Sento già che in riguardarvi
Tutto il sangue in me si move.
Tal dolcezza in sen mi piove,
Che spiegarla, oddio! non so.

Caro, caro che vel’ dico
Ma di core, ma di voglia!
Niun fia mai che mi distoglia
Dal gran ben che vi vorrò”.

Non c’è dubbio che la forma del duetto, in Da Ponte, suggerisca assai meglio il sottile gioco della seduzione, rispetto alla dichiarazione univoca e diretta di Maturina, in Bertati.
Il duetto, con la sensuale rincorsa emotiva dei suoi versi, ispira subito un sottinteso erotismo. Qui risalta la caccia acquattata di Don Giovanni e il profumo di trappola per Zerlina, il mascheramento virile e l’esitazione femminile, destinati a convergere nella sintonia conclusiva del canto unito (“Andiam, andiam mio bene, ecc.”).


Federico Andreotti, La seduzione, 1890 ca.

Questa ed altre cento raffinatezze ci fanno ringraziare Lorenzo Da Ponte, ogni volta che leggiamo il suo Don Giovanni. Negli innumerevoli furti in ambito operistico, il suo è stato “ il colpo del secolo”!
E mi sa che per viaggiare nel mito Don Giovanni, continueremo a scegliere la “Ghibli” di Da Ponte, piuttosto che la “Multipla” di Bertati……

Un caro saluto amici, per ritrovarci al più presto.
Carlo Boschi
info@lemuse.or.jp


L’aria di Maturina, interpretata dal soprano Elzbieta Szmytka.


Il duetto Don Giovanni-Zerlina, interpretato dal basso Ildebrando D’Arcangelo e dalla soprano Manuela Bisceglie.

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