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LA MUSA EUROPEA – Curiosità e passioni della grande soprano Pauline Garcia Viardot

Cari amici del Blog,
ho terminato da poco un libro che consiglierei a tutti gli amanti della musica, dell’arte, dell’opera lirica, della letteratura.
Il titolo è Gli Europei (tre vite cosmopolite e la costruzione della cultura europea nel XIX secolo). L’autore è Orlando Figes, docente di Storia moderna alla University of London. L’editore è Mondadori.
Il grande affresco disegnato da Figes ha tre protagonisti che si muovono in quella rivoluzionaria Europa del secondo Ottocento, dove ferrovie, editoria, commercio internazionale e scambi culturali esplodono, preparando, per molti versi, la controversa globalizzazione dei nostri anni.


Copertina del libro Gli Europei di Orlando Figes

Le figure, attorno a cui ruota questo tourbillon epocale, sono la soprano Pauline Garcia Viardot, suo marito Louis Viardot e il loro comune amico (qualcosa di più per Pauline….) Ivan Turgenev, narratore esemplare dell’animo russo e delle sue profonde crisi.
Fra i tre, Pauline Viardot risplende di una luce speciale che, già all’epoca, ne fece una ammirata, intraprendente, profetica, generosa protagonista.
E’ facile verificare questo suo ruolo di eccellenza nella società del tempo: Pauline Viardot.
Ma, leggendo il bel libro di Figes emergono, della Viardot, inediti aspetti privati, meravigliose intuizioni artistiche, lati poliedrici del carattere e, soprattutto, un’instancabile curiosità nella sperimentazione artistica ed esistenziale.


Ary Scheffer, Pauline Viardot come Santa Cecilia, 1851

Qualche esempio.
Liszt, amico intimo di Pauline Garcia Viardot, diceva di lei: “è nata in una famiglia, dove il genio pare ereditario”. Nulla di più vero, se pensiamo alle qualità artistiche del padre Manuel Garcia, della madre Joaquina Sitchez e dei fratelli: Manuel jr, Josefa e la mitica Maria Malibran.
In particolare, il legame con la sorella Maria fu strettissimo. La morte prematura della Malibran (nel 1836 a soli 28 anni), indusse la giovane Pauline, già ottima pianista, a seguire le sue orme come cantante.
La simbiosi fu intenzionale, al punto che il debutto di Pauline in concerto (Parigi, 1838) avvenne con lo stesso repertorio della sorella e, addirittura, con lo stesso abito (una tunica bianca, con un rombo nero sul busto). Lo scrittore Alfred de Musset, a fine spettacolo, scrisse: “la somiglianza è talmente sbalorditiva da sembrare soprannaturale”.


Henri Decaisne, Maria Malibran come Desdemona nell’Otello di Rossini, 1831ca.

Altro fervente ammiratore della voce di Pauline Viardot, fu Chopin. Tennero alcuni concerti insieme, di cui uno trionfale alla Salle Pleyel, nel febbraio 1842 (cosa non si pagherebbe per poter riascoltare quella esecuzione!!….).
A volte, Chopin chiedeva a Pauline di cantarle una canzone spagnola o un’aria di Mozart.
La loro intesa artistica si spinse fino alla trascrizione per voce e pianoforte di alcune Mazurche. Sono opera della Viardot, ma nel manoscritto ci sono annotazioni di pungo di Chopin, il che fa immaginare un lavoro a quattro mani.
Grande intimità corse anche con Charles Gounod, di cui la Viardot fu mentore, ispiratrice e, probabilmente, amante. La prima opera lirica del compositore francese, Sapho (1851), nacque in stretta collaborazione con la grande soprano, a cui era affidata, ovviamente, la parte di protagonista. Pauline fu così entusiasta del rapporto con Gounod, da imporre all’Opéra di Parigi la messa in scena della Sapho, come condizione per il rinnovo del proprio contratto.


Stampa con Pauline Viardot nelle vesti di Sapho, (atto I). Parigi, 1851

Seguendo l’evoluzione stilistica del proprio tempo, Pauline Viardot divenne anche ammiratrice di Wagner, in particolare del Lohengrin che ascoltò in Germania nel 1869. Da grande star quale era, non si limitò a frequentare le opere del compositore tedesco, ma strinse con lui una collaborazione professionale. Tanto che Wagner mandò sua nipote a studiare canto con Pauline e scelse diversi interpreti dei propri lavori fra gli allievi della Viardot.
Ma, tolto l’apprezzamento musicale, Wagner fu violentemente criticato dalla grande soprano per il suo antisemitismo e i rapporti fra i due si ruppero ben presto. D’altronde, la Viardot aveva trionfato in tutta Europa come protagonista nelle opere di Meyerbeer  (Le Prophète, soprattutto, ma anche Les Huguenots) ed era fervente ammiratrice di Mendelssohn. Per queste sue preferenze, Wagner la tacciò di essere “un’ebrea lei stessa”……


André Disdéri, Pauline Viardot comme Orphéé, in Orphée et Eurydice di Gluck (rev. H. Berlioz), 1859

Il salotto della famiglia Viardot fu uno dei più ambiti e raffinati della Parigi ottocentesca. Ricevevano il giovedì sera, con veri e propri concerti, e la domenica pomeriggio con attività più informali (giochi, recite, improvvisazioni, canzoni comiche). Passavano per quelle stanze Gounod, Saint-Saëns, Fauré, Lalo, Bizet, Massenet, Franck, Chabrier, Delibes e, ciascuno di questi grandi musicisti, presentava regolarmente nuove opere allo scelto pubblico del salotto.
Pauline Viardot concluse la  carriera di cantante nel 1870, interpretando la “prima” della Rapsodia per contralto, coro e orchestra op. 53 di Brahms, a Jena.
Per tutto il resto della vita, come già in precedenza, si prodigò nell’insegnamento, nella promozione di giovani artisti e di opere inedite, nella riscoperta di musica del passato o della Spagna, a cui la legavano fortemente le sue origini.
La sua figura divenne un mito, nel mondo musicale del tardo Ottocento. Čajkovskij si recò a trovarla nel 1886 e in una lettera, riporta: “sono rimasto incantato dalla mamaša (piccola mamma) Viardot. Durante le tre ore che ho trascorso a casa sua, le avrò baciato la mano almeno dieci volte”. Soprattutto, Čajkovskij rimase folgorato dal manoscritto del Don Giovanni di Mozart che la Viardot aveva acquistato (per una cifra spropositata!!) dal costruttore di pianoforti Johann Baptist Streicher, nel 1855.


Anonimo, Ritratto fotografico di Pauline Viardot, ca. 1900

Indomita anche verso il tempo, Pauline morì a quasi novant’anni, dopo aver trascorso una vita che, eufemisticamente, possiamo definire intensa….
Si addormentò su una poltrona e morì: la figlia Louise, che era con lei, riporta che l’ultima sua parola fu “Norma”: invocazione di una delle tante eroine che avevano segnato la sua eroica vita.
Tutto questo, e molto, molto altro nell’affascinante libro Gli Europei di Orlando Figes.
Consigliatissimo!!!
Gli Europei (tre vite cosmopolite e la costruzione della cultura europea nel XIX secolo)

Un caro saluto amici, per ritrovarci al più presto.
Carlo Boschi
info@lemuse.or.jp

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